Dopo aver evidenziato nell’ultimo articolo quelle che sono state le mie impressioni in merito alla diffusione di Bitcoin nei paesi del Centro America che ho visitato (collegamento qui sotto),
ritengo interessante provare a riassumere quali sono state le modalità e i fattori di successo in comune tra i vari progetti di “bitcoinizzazione” coinvolti (nello specifico Bitcoin Beach in El Salvador, Bitcoin Lake in Guatemala e Bitcoin Jungle in Costa Rica). Questo potrebbe essere importante sia per valutare luoghi e tempi in cui sia fertile effettuare qualcosa di questo tipo - posto che è sempre cosa buona e giusta provarci ovunque ci si trovi - ma anche capire come muovere i primi passi in questa direzione. Come la storia stessa di Bitcoin e i motivi della sua nascita insegnano, la pianificazione centrale dall’alto semplicemente non funziona. Non è quindi una sorpresa che le storie di nascita di economie circolari in bitcoin di maggior successo non siano partite da un qualche politico locale illuminato che ne ha imposto l’adozione per decreto, ma bottom-up, con persone appassionate e volenterose - di solito un mix tra expat occidentali e abitanti autoctoni - che hanno pian piano convinto i negozianti più “coraggiosi” a provare qualcosa di nuovo. Queste persone hanno in comune un grande entusiasmo, intraprendenza e una strenue volontà di poter pagare per i propri bisogni di prodotti e servizi in satoshi (frazioni di bitcoin). Di solito, hanno iniziato andando di negozio in negozio, parlando della filosofia e dei benefici che Bitcoin possiede rispetto alle monete “legali” e provando a fornire degli strumenti semplici da usare per l’onboarding iniziale. Lo sviluppo o l’adozione di wallet specifici e/o standard da consigliare ai negozianti è in questo senso un tratto comune di tutti e tre i progetti che ho visitato: il “Bitcoin Beach wallet”, sviluppato ai tempi del progetto Salvadoregno, il primo in assoluto in ordine cronologico, è molto usato e adottato “ufficialmente” anche dai ragazzi del “Bitcoin Lake”; in Costa Rica hanno invece deciso di partire dalla stessa base di codice - le magnificenze delll’Open Source! - e crearne una versione customizzata chiamata “Bitcoin Jungle wallet”. Spesso questi strumenti pratici, utili per la facilitazione nell’iniziare ad usare e familiarizzare con la tecnologia, non erano sufficienti a superare la diffidenza verso di essa, visto che si trattava pur sempre di soldi da ricevere in cambio del duro lavoro dei commercianti. Essendo la moneta fondata sull’effetto network ed avendo attorno a sé, specie nelle prime fasi del progetto, un’economia interamente fondata sulle monete locali, i negozianti avevano la legittima preoccupazione di come poter spendere i guadagni ottenuti a loro volta. In questo senso, i membri delle varie comunità hanno spinto verso il fornire dei servizi di cambio moneta che fossero il più efficiente possibile e di solito questi si fondavano sulla loro stessa buona volontà: i primi prototipi di “walking atm”, ossia atm in carne ed ossa che andavano di persona ad effettuare il cambio dei satoshi ricevuti, come spiegavo nel precedente articolo, sono comuni ai vari progetti. Alla Bitcoin Beach, la maturità del progetto e la nascita di un framework burocratico molto favorevole, hanno poi permesso di automatizzare in parte questo processo tramite veri e propri ATM - anche se con episodi non troppo rari di problemi di “liquidità”. Seppure l’obiettivo finale fosse ovviamente quello di far sì che i negozianti spendessero i bitcoin ricevuti direttamente presso altri negozianti, nella fase di transizione la possibilità di tornare alle vecchie “certezze” è stato un fattore fondamentale, specie in un’area del mondo con basse possibilità di risparmio rispetto ad altre. A questi aspetti comuni ai vari progetti, c’è da aggiungere il fatto che il primo vero progetto, quello della Bitcoin Beach in El Salvador, ha adottato anche programmi di “welfare” (come ricostruito qui) finanziati da donazioni volontarie che hanno permesso di agevolare e velocizzare il processo. Spesso i commercianti vengono anche convinti con l’opportunità del mero guadagno: accettare bitcoin e farlo sapere ai turisti con un murales sulla facciata del proprio negozio, dipingendo la propria barca o tuk-tuk o anche semplicemente esponendo l’insegna “Bitcoin accepted here”, può permettere di attirare quei visitatori esaltati dall’ideale rappresentato da Bitcoin - io stesso, per esempio, cercavo di “finanziare” i commercianti che lo accettavano recandomi più volentieri da loro rispetto che dai concorrenti.
Ma oltre agli aspetti più pratici necessari alla creazione di una comunità Bitcoin, mi sono chiesto e ho provato ad osservare quali siano invece gli elementi culturali, economici, politici e societari che favoriscano o meno l’attecchimento di tale filosofia e tecnologia. I punti che ho raccolto dall’esperienza in questi luoghi e da riflessioni più generali non sono strettamente esclusivi, in quanto non tutti necessari affinché un tale progetto abbia successo - e anzi è quasi impossibile trovare luoghi che rientrino in tutte le categorie. E infatti anche le comunità esistenti, come evidenzierò in seguito, hanno alcune di queste caratteristiche ma non altre, e ognuna con combinazioni differenti. Come del resto per l’adozione di Bitcoin in generale, alcuni ci arrivano per un motivo, altri per uno completamente differente. L’unica cosa in comune a tutti mi sembra sia la destinazione. Ma ecco quali sono gli aspetti che secondo me hanno più influenza sulla propensione all’attecchimento di una comunità Bitcoin:
Perdita di potere d’acquisto della moneta “legale”: più la moneta fiat locale è percepita debole, maggiore sarà l’incentivo a guardarsi intorno per delle alternative. Questo può valere sia in termini di risparmio, facendo leva sulla capacità di riserva di valore di bitcoin in un arco temporale sufficientemente lungo, ma, in casi più gravi, anche già come mezzo di scambio, visto che tanto più è veloce la perdita di potere d’acquisto, più inefficiente e dispendioso diventa il processo di cambio e maggiore sarà la propensione dei commercianti ad accettare direttamente la moneta “buona”. Nelle comunità in questione, in questo periodo tale problema è sentito solo parzialmente: da una parte il track-record storico monetario di tutti i paesi dell’America Latina è disastroso e con conseguenze drammatiche; dall’altra, negli ultimi anni tutte le monete “legali” delle nazioni in cui sono nate queste comunità si sono comportate in linea con le monete principali di riferimento - nel caso di El Salvador una di queste, il dollaro, è essa stessa moneta a corso forzoso. Seppure queste ultime non siano dei modelli di virtù in questo senso, questo punto è probabilmente molto più legato alla popolarità di bitcoin in paesi come Libano, Zimbawe, Turchia e Venezuela, in cui il problema è di ordini di grandezza più elevato già da ora.
Abitudine ai pagamenti elettronici e costo delle relative commissioni: le consuetudini non sono facili da cambiare. Più un’economia è basata sul contante, sul toccarlo e vederlo con i propri occhi passare di mano in mano, maggiori saranno gli ostacoli, culturali ma anche tecnologici, di passare a qualcosa di puramente digitale. Non a caso, seppure soprattutto El Salvador e Guatemala ma anche varie aree del Costa Rica si affidino ancora largamente a scambi di contante, le comunità bitcoin sono sorte principalmente in località turistiche, in cui i pagamenti elettronici sono di solito più richiesti rispetto al resto, per la necessità di venire incontro a persone che arrivano da paesi già molto più avvezzi ai pagamenti digitali. L’incapacità dei principali circuiti “fiat” di garantire le stesse commissioni che nei paesi occidentali, aumenta il beneficio opportunità di utilizzare Lightning Network con i suoi costi quasi inesistenti, a parità di praticità e rapidità (o almeno agli occhi dell’utente, visto che in realtà con circuiti come Visa e Mastercard il vero scambio di valore è ritardato di ordini di grandezza, scambiando effettivamente credito - materiale per un’altra discussione. Ad esempio in Guatemala abbiamo sentito che le commissioni sui circuiti tradizionali possono superare il 10%, ma anche in Costa Rica, pur essendo più basse, rimangono ben più alte che in Europa o Nord America. Correlato a questo discorso, ovviamente la disponibilità di un’infrastruttura internet quantomeno accettabile è una condizione necessaria per il funzionamento efficiente di una comunità Bitcoin, cosa più facile da trovare in zone turistiche già avvezze ai pagamenti elettronici, sebbene nella mia esperienza mi sia sembrata ad un livello sufficiente un po’ ovunque.
Livello di sfiducia nell’autorità politica e propensione alle libertà individuali: maggiori sono questi fattori, a parità di tutto il resto, maggiore sarà la possibilità che le persone siano aperte ad alternative non statali. In Latino America in generale, praticamente tutti i paesi sono caratterizzati da una serie incredibile di episodi di corruzione e saccheggio ai danni della popolazione da parte delle più svariate classi politiche. Ciò che ne risulta è una generale sensazione di diffidenza verso l’autorità, sebbene io non possa dire che la mentalità collettivista non sia per nulla presente. Quest’ultima non è però di certo affiancata ai livelli esorbitanti di burocrazia che viviamo quotidianamente in Italia e in Europa, con un conseguente livello di libertà d’impresa incomparabilmente più alto - seppur accompagnato da problemi di altro tipo, parte dei quali accennati più sotto. Solo il Costa Rica mi ha dato l’impressione di essere sulla strada della burocratizzazione in stile europeo, che si traduce in licenze per fare più cose e sistemi di questo tipo, rimanendo comunque ancora ben distanti dai nostri livelli (N.B: il fatto che il Costa Rica sia il paese più “avanzato” tra questi non deve far confondere le relazioni di causa-effetto, dato che non è che se un animale sano ha più parassiti di uno malato implica che esso sia più sano grazie a loro, ma che dove c’è un certo benessere c’è più possibilità di parassitare)
Possibilità di risparmio e preferenza temporale generale: maggiore è la possibilità di risparmiare - di solito correlata allo stato generale dell’economia e alle aspettative sul potere d’acquisto della moneta utilizzata - maggiore sarà l’attitudine verso la pianificazione del futuro - quello che si definisce abbassamento della preferenza temporale, ossia scontare meno i bisogni futuri rispetto a quelli presenti in un processo che necessita di ritardare un certo grado di gratificazione, caratteristiche esclusivamente umane e che ne permettono l’avanzamento tecnologico e societario. Tale pianificazione e sguardo al futuro si traduce spesso nella necessità di trovare strumenti che possano fungere da riserva di valore dei propri risparmi. Con una preferenza temporale sufficientemente bassa e un orizzonte dei risparmi sufficientemente lungo, bitcoin non può che essere un asset decisamente accattivante per la sua predicibile scarsità e ingovernabilità, specie relativamente alle alternative fiat. Per questo motivo, popoli più poveri e che vivono alla giornata come le persone che spesso mi capitava di incontrare in Messico, El Salvador e Guatemala, saranno, ceteris paribus, meno propensi ad apprezzare bitcoin, anche banalmente per la necessità pratica di dover spendere subito le proprie entrate, cosa che attualmente è molto più agevole usando le monete fiat, specie in contanti. Purtroppo, è la classica situazione del cane che si morde la coda, dato che i motivi principali per cui queste persone vivono in tali condizioni sono in gran parte derivanti proprio dal sistema fiat che sono “costretti” ad utilizzare - tra episodi di iperinflazione, indebitamenti di stato volti a favorire esportazioni a basso costo a vantaggio di paesi esteri e governi locali corrotti (vedasi questo lungo ma eccellente articolo sull’operato di organizzazioni criminali come IMF e World Bank), guerre civili ecc. Già in Costa Rica e specialmente nelle zone turistiche della Bitcoin Jungle, dove la possibilità di risparmio è più alta, questo fattore è visibilmente incentivante verso Bitcoin relativamente agli altri paesi.
Grado di censura e sorveglianza: data la natura pseudonima di Bitcoin e che con alcune semplici precauzioni è possibile alzare esponenzialmente il costo di sorveglianza e rendere impossibile la censura delle transazioni, la presenza di governi autoritari e con manie di controllo delle vite degli individui non può che stimolare la sua adozione. Nel caso dei paesi in questione, questa tendenza non sembra essere ancora particolarmente sentita, specie se comparata con altre parti del mondo, ma è comunque sicuramente un fattore da tenere in considerazione, soprattutto in vista delle cosiddette CBDC a cui un po’ tutte le banche centrali stanno pensando già da un po’.